Archive for Aprile, 2012

La democrazia di Don Giorgio

Lunedì, Aprile 9th, 2012

Don Giorgio Zaghi, evidente dalle sue interviste ai quotidiani, non ha pensato che Dio accoglie alla sua mensa solo tutti gli intelligenti  che sappiano bene  interpretare che l’osta è carne trasfigurata ma anche gli ‘altri’ che non hanno un sostegno teologo o mentale per “capire”; considerando che il parroco della chiesa dell’Immacolata Concezione, a Porto Garibaldi, nel Comacchio, ha escluso dalla prima  comunione un ragazzo con deficit intellettivo che «non distingue il pane dall’ostia». Questo giudizio dimostra, ancora una volta, una limitata carenza della conoscenza psicointellettiva e sociale delle persone con deficit di ogni genere.

Un tempo i “sordomuti”, come venivano indicati, pensavano che non fossero in grado di accedere all’astrazione. Infatti, le brave suorine, antesegnane delle logopedite d’oggi, delle «scuole speciali» passavano ore ed ore ad “insegnare a parlare ai sordomuti”. Il motivo dipendeva dal fatto che, quando gli stessi si confessavano, il prete doveva decodificarne  le parole, altrimenti non potevano assolverli. Pertanto era priorità che i sordi imparassero a parlare bene, per assicurarsi il Paradiso! Battaglia primaria del fondatore dell’oralismo italiano: Mons. Giulio Tarra. Per decenni, nel nostro paese, si scordò di considerare i processi mentali dei sordi per la forma tout-court.

Si può obiettare, al parroco di Porto Garibaldi che, ai tempi della Messa in latino,  decine e decine di vecchine, davano risposte psittacistiche (a pappagallo), senza conoscere un’acca delle parole latine pronunciate.

Nelle quetione religiose ci vuole buon senso!

Qual è la riflessione che traiamo da questo evento di cronaca di un ecclesiastico? Che l’Italia non ha, nelle sue  istutizioni, comprese quelle religiose, persone qualificate per entrare nella mente e nel cuore  dei soggetti problematici. C’è necessità di personale qualificato che sortisca dai corsi specifici. Lo Stato italiano, i comuni, non intervengono perché la formazione costa.

Una neo emarginazione di persone sta comparendo attorno a noi. E senza i servizi idonei la democrazia non sarà mai tale!

Il voto: da «Trota» a…

Lunedì, Aprile 9th, 2012

La gente dice: «Tutti i politici sono ladri e imbroglioni!». E’ stufa. Non crede più alla politica. Non la sopporta. Ebbene, se mettiamo da parte la politica del voto soggettivo, ci sono due alternative: l’anarchia e la dittatura.

La prima si riferisce alla mancanza di governo, cioè un popolo che non ha più autorità per essere arbitro tra gli antagonisti politici. Un esempio esplicativo: Rosso, Bianco, Verde eccetera. Ma gli antagonisti non sono solo tra i partiti; ci sono antagonisti economici e sociali. Si crea, di fatto, uno Stato di confusione.

La seconda si riferisce al Governo assoluto, che può essere monocratico o collegiale. Quando è assoluto governa/comanda una sola pesona. Si pensi al Re Sole che urla: «Lo Stato sono io!» Ma la dittatura, nel corso della storia, si è appoggiata ad un Gruppo o comunità. Ecco che abbiamo la «dittatura del proletariato», vale a dire degli operai e dei contadini. La definizione compare con Marx. Significa che le classi lavoratrici degli operai e dei contadini si arrogano il diritto di reggere lo Stato, privando dalla direzione le vecchie classi sfruttatrici: la borghesia e la nobiltà. La dittatura del proletariato fu forte dal 1917 (v. Lenin) e negli anni susseguenti nelle Repubbliche russe.

Sono flash indicativi per farsi un’idea. Oggi non soggiaciamo a dittatura ma ad un intricato governo «costruito» a tavolino (v. tecnici) a seconda delle momentanee necessità socioeconomiche. Sono governi di emergenza.

E’ un Governo democratico? Un popolo, per essere libero, è artefice di scelta di persone che vuole inviare a governare. Si possono fare parecchi esempi di questa nostra comunità plurale. I leader dei partiti moderni sono chiamati a scegliere, con intelligenza ed equilibrio etico, i rappresentanti capaci. Spesso vigilano poco su questo, o sono distratti, oppure - per i contributi statali che il partito riceve - distolgono i fondi e/o si «sporcano le mani». La democrazia, vano ricordarlo, significa governo del popolo e, alla fine, finisce (quasi) sempre per  divenire «governo di parte», di interessi di una comunità ristretta o di un gruppo parentale/amicale al potere, talvolta di affaristi e/o imbroglioni.

Ecco sortire, dalla tombola delle elezioni, politiche e amministrative locali un… Trota (soprannome del figlio di Bossi, ex-segretario del Carroccio), di una Menniti (igienista di Berlusconi imposta nel Consiglio della Lombardia) e tanti altri eletti dappoco che conosciamo dalla cronaca di ogni giorno, per il loro malaffare amministrativo nel panorama politico del notro Paese.

Allora che fare? A mio parere bisogna votare «diverso». Che vuol dire? Dare opportunità a candidati che, sino ad oggi, sono stati esclusi o non sufficientemente considerati. Vero che ci sono partiti che li presentano in Lista, ma essi stessi, ne hanno perplessità perché ne temono il diverso modo di far politica, col timore di non poterli gestire. La disabilità, presente in certi candidati - per taluni segretari di partito - è considerata trasgressione, con difficoltà di conciliare la comunità elettrice normale e la ristretta comunità dei disabili che necessita bisogni speciali. Tutti i Partiti temono una rivoluzione del nuovo che ha genesi proprio da elementi equilibrati che valutano la propria «diversità» come chances in più per migliorare la comunità per tutti.