Archive for Giugno, 2012

Come si vince la sordità….

Lunedì, Giugno 25th, 2012

(02.07.1981) La sordità sensoriale si vince con la cultura. E la cultura è una lenta acquisizione. Tanto più una persona sorda si istruisce quanto più riuscirà a comunicare i profondi pensieri, i propri desideri e le speranze. A che serve favorire il sordo con una buona voce se non riusciremo contemporaneamente a dargli una buona istruzione? Sarà quest’ultima a favorirlo  nella comunicazione. I sordi istruiti e colti possono esprimersi compiutamente. E’ vero, forse mancano di pathos che caratterizza, spesso, la vocalità sollecitante le emozioni, vale a dire quella ricchezza emotiva che è intrinseca all’ascolto della parola nei vivi toni, negli accenti, nelle interrogazioni ed esclamazioni, quel modus vivendi verbum insomma. Ma oggi sono attivi nuovi studi e ricerche sulla lingua dei segni, e verrà il giorno in cui…
   In conclusione vincere la sordità sensoriale è possibile con la cultura, perché solo la cultura vince e sconfigge la «sordità» del sordo, bloccando la genesi di quella spirituale.

SOCIETA’ E SORDITA’

Lunedì, Giugno 25th, 2012

(08.05.1980) La sordità è un gravissimo handicap che annulla o discrimina il rapporto sociale con i membri della comunità udente, oppure la altera. Cosicché questa menomazione sensoriale, presente nell’individuo, devia o modifica i processi dello sviluppo psichico, in rapporto allo standard di vita della comunità sonora. Inoltre l’individuo sordo mette a soqquadro le istituzioni nelle loro tradizioni, schemi prefissati, nei rapporti gerarchici, eccetera.
   Ancora: nella realtà di quanto avviene attorno al sordo, egli non sembra soggetto passivo, intendo dire che non subisce l’influenza altrui nelle scelte. Come spesso accade ad altri disabili. Il sordo è una persona che partecipa o vuole partecipare: è individuo attivo nella comunità. Ma la sua partecipazione in essa è culturalmente diversa, originale. Per questo spesso non è capito. E’ generoso quando non è richiesto esserlo; astioso quando tutti scherzano e ridono; avaro quando gli altri donano. Tutto ciò “dice“ un fatto essenziale: il sordo non sperimenta il condizionamento dei media. Mai non ne è dominato. Nella propria sfortuna esistenziale di vivere la disabilità resta libero: persona che “cresce“ e “cala“ secondo le proprie capacità e virtù. Egli resta padrone del proprio mondo.
   Se questo lo privilegia da una parte, dall’altra si rivela una tortura perché la società - questa società degli anni ‘80 - è a misura  di un individuo con sanità di udito. Chi non sente o non parla è tagliato fuori senza rimedio e possibilità d’appello. Ecco allora vanificarsi le ricchezze in  una forma di tensione, direi nevrosi, per una società vile ed egoista che, per lui, non fa niente.
   E quanto analizzato sopra ci convince che non amiamo il sordo (o non lo vogliamo comprendere) e, probabilmente, non lo capiremo mai. Perché non lo amiamo. Perché quando lo accostiamo lo facciamo con la presunzione di imporgli il nostro punto di vista, il nostro modo d’essere udenti! Per esempio: la lingua verbale, l’ideologia, la religione, l’hobby, l’idioma locale e così via. Lo “vediamo“ e “sentiamo“ solo come persona da strumentalizzare,  raramente da aiutare con idonee strutture e personale specializzato nella comunicazione per una condivisibile serena esistenza coi cosiddetti ‘normali’. Perciò succede che il sordo fugga da questa società sonora per vivere coi simili. Con essi si rilassa nella lingua dei segni. Sa che sperimentano il suo stesso modo di percepire il mondo; e questo lo fa contento, libero. Libertà tutta sua e, nello stesso tempo, degli altri uguali. Ecco che egli non deve integrarsi in una comunità che si dichiara normale, è  essa che deve inserirsi nella comunità dei disabili d’udito e della parola.
   In conclusione potranno essere riconsiderati significati come inserire, socializzare, scegliere, sapere, conoscere, lavorare, studiare, comunicare, per il fatto che saremo di fronte alla  “scelta“ drastica d’amare uno che non può essere come tu sei, che hai sempre visto dall’alto in basso, o dall’altra parte del fosso, e gli getti un aiuto perché venga da te solo quando ti fa comodo per quietare i rimorsi o gli irrazionali impulsi psicologici (talvolta) velati di solidarietà.
 

Condannato a tacere

Mercoledì, Giugno 6th, 2012

Io non so più che cos’è vita

in questo sprofondar di letame

nel fondaco di un’Italia losca.

Questa palla la chiamano Geo e

gira dove pullula l’homo sapiens;

forse più preciso dire homo insapiens.

Il ripetersi psittacistico di parole

mi condanna a tacere ancora.

Dalla Silloge Penite animus, inedita.