Archive for Agosto, 2006

Il migliore insegnante dei sordi è il sordo

Mercoledì, Agosto 30th, 2006

Sono convinto che il migliore insegnante per i sordi è il docente sordo specializzato perché - avendo sperimentato l’apprendimento per mezzo del canale visivo - saprà adoperare tutte le accortezze didattiche per portare l’alunno o lo studente ad apprendere i contenuti dello scibile. Per questo è necessario stimolare e favorire i sordi nella carriera di insegnanti.

Ebbene, sino a non molti anni fa, la professione di insegnante ai sordi era preclusa. Certamente ricorderete che nella riforma della scuola del governo Giolitti del 1923 del secolo scorso vi era un emendamento nella legge che affermava che l’insegnante della scuola elementare dovesse essere «di sana e robusta costituzione». I sordi, i ciechi, gli storpi (sic) erano banditi dall’insegnamento! Sino al 1990 l’emarginazione degli insegnanti sordi, pure in possesso di titoli accademici e di specializzazione, era  la norma nelle scuole statali italiane. Ci è voluta un’apposita circolare ministeriale per eliminare la discriminazione. E pensate che l’accettazione dei «portatori di handicap» nella scuola pubblica è del 1977! Gli scolari sordi erano accolti nella classe delle scuole statali ma erano respinti gli insegnanti con la stessa menomazione snsoriale nell’attività didattica, non dico per gli studenti o scolari udenti, ma addirittura per insegnare ai simili!

L’Italia è uno strano Paese in talune scelte; nazione di ignoranti sui temi dei disabili. Sotto la coltre dell’umanismo del momento si celano secolari pregiudizi e timori. La verità è che nella metà degli anni Settanta si aprirono le porte delle scuole statali senza far precedere, tale accoglienza, con una campagna di sensibilizzazione sui bisogni didattici dei «diversamente abili», come li chiamiamo frettolosamente oggi senza dire più di tanto, anzi senza aggiungere altro perché o ci fa paura, o perché non abbiamo argomenti all’altezza di confrontarci.

Nel caso dei sordi, è accertato dai coetanei udenti frequentanti la scuola di allora, che nessuno spiegava loro le condizioni del compagno che «non sentiva bene», o altrettanto «non parlava bene». La prima azione che i docenti si proponevano era esorcizzare la disabilità dalla classe: e come farla se non che eleminando le vecchie parole con cui veniva indicata? Ecco perciò sùbito comunicare ai compagni di classe che il loro amico non era «cieco» ma non vedente; non chiamare «sordo» il compagno ma audioleso o non udente; tabù assoluto dire «non capisce niente» per chi aveva difficoltà enormi a sommare 1 più 2. I docenti si danno un gran daffare per sopprimire la terminologia obsoleta,  a loro dire. Ma nessuna parola è vecchia se non ne portiamo un’altra altrettanto efficace per chiarire il significato di come agire o comportarci per tratare l’argomento. L’incapacità di approfondire, infatti, ha spinto i docenti a portare avanti una didattica uguale  a quella adottata per il coetaneo normodotato; azione che esorcizzava la disabilità non avvedendosi che la ingigantiva perché non si davano daffare per superare lo svantaggio dell’apprendimento con una metodologia e didattica adeguate. In classe sia il docente cosiddetto curriculare sia di sostegno fanno a gara per parlare di normalità, di uguaglianza senza porsi l’elementare domanda che siamo tutti diversi sia nei processi d’apprendimento sia nelle moltiplice intelligenze (cfr. H. Gardner, Formae mentis, Feltrinelli). Un efficace apprendimento è nell’individuare l’intelligenza specifica: è evidente che, nel sordo, essa è caratteriizzata da un processo di stimolo visivo. I ragazzi udenti ricevono lezioni di tratare il compagno di classe - con problemi fisici o sensoriali - come se nulla fosse, anzi non tenerne assolutamente conto; si sorvola sulla specificità che rinnoverebbe il loro essere nella scuola, la routine e  l’approccio interrelazionale  di gruppo. Non è democrazia trattare tutti allo stesso modo: è una comoda scorciatoia perché non si è abbastanza preparati per risolvere i problemi che, l’alunno speciale, ci impone di risolvere. Il pressappoco, le affermazioni «sei come gli altri», «perché te la prendi? sei speciale!», eccetera, sono luoghi comuni che nascondono manchevolezza di seri studi e ricerche. La disabilità non è una malattia da curare con medicine o riabilitazione coatta: richiede il confronto continuo con lo studente al quale insegniamo, una continua invenzione di metodi e didattica differenti, creativi, perciò migliori del passato, impegno specializzato che si protrae per tutti gli anni dello sviluppo biologico e psichico: e non solo.

Il premio

Lunedì, Agosto 28th, 2006

La sera del 23 agosto nel vasto cortile del Palazzo Lucangeli di Porto Recanati si sono adunate oltre 500 persone per il Premio “La Ginestra” - Luoghi leopardiani dell’anima. Il premio è stato assegnato al vicedirettore de Il corriere della sera, Dr. Magdi Allam. Presente gente colta, intellettuale, in gran parte venuta da fuori. Ho partecipato con la speranza riuscissi a… labioleggere gli interventi. Qualche parola, anche intere frasi sono stato in grado di decodificare su labbra predisposte alla labiolettura. Costruirci il contenuto completo, arrivare alla critica no. Il sindaco, parecchi assessori assistevano guardandomi di sottecchi pensando – ovvio - che stesse facendo lì un “sordo” tra le migliaia e migliaia di parole vaganti nello spazio (…).

Una settimana prima la sala consiliare era stata invasa da imprecisate associazioni protestanti per le barriere architettoniche che, una nuova banca – ironia della sorte – aveva creato per facilitare l’ingresso ai disabili nel loro istituto di credito, generando ostacoli sui marciapiedi per… i normodotati. E’ tutta una guerra di fazioni: normali e disabili-problematici-diversamente abili, indicaci come vuoi. La mia “barriera di comunicazione”, nell’incontro culturale, ovviamente è rimasta irrisolta, sebbene io conosca la legge 104/1992, l’art. 9 (abbattimento delle barriere di comunicazione) per cui mi sono esposto nei vari comuni delle Marche per la soluzione. L’attenzione della gente è sempre portata sulle “barriere architettoniche”. Quasi mai sulle altre, che escludono, non la partecipazione del corpo, ma della mente, il confronto diretto con le altrui idee per partecipare al dibattito, per portare testimonianza.

Bisogna iniziare a pensare… diversamente abile per risolvere i problemi della società civile. Se per gli amministratori è un dovere, scordato sempre, alla fine dobbiamo essere noi a ricordarglielo, anche con proteste o denunce o sit-in perché la gente volti pagina anche con certi politici che non hanno più niente da dire. La lezione deve iniziare – a mio giudizio – proprio dall’Italia dei valori.

ULTIMO DONO D’AMORE A KETTY

Giovedì, Agosto 3rd, 2006

Quando avrai il peso degli anni
forse comprenderai il mio amore:
il fuoco erompente, la dolcezza
dello sguardo, il sussurro di voce;
rileggendo lettere e poesie
capirai il silente poeta
cui donasti segreti giovanili anni
ponendogli attese, illusioni.

E’ tardi; lui ormai è cenere
che il vento disperde nella valle.
Non hai intuito.
Tu come altri?
Fuggì sulle colline di Fiesole
per nascondere il pianto
in uno sciame di stelle.

dalla silloge inedita “L’albero di rami senza vento” di Renato Pigliacampo