Archive for Dicembre, 2008

Giustiza e disabilità (parte seconda)

Domenica, Dicembre 28th, 2008

Il ‘contratto’ esclude spesso, a priori, chi non può avvantaggiarsi di un’organizzazione di pressione su chi detiene  il potere. Spesso il diritto soccombe per prigrizia, per vigliaccheria, per menefreghismo e  per tutto quanto riguarda le miserie umane. Prendiamo, per esempio, la comunità dei sordi. Ad ogni nuova legislatura la TV di Stato propone una convenzione per favorire  i sordi nel superamento delle ‘barriere di comunicazione’. La RAI, in pompa magna,  firma  un contratto (una convenzione) stabilendo che un monte di ore mensili dei programmi televisivi  sarà sottotitolato per i sordi e gli ipoacusici.  Questa convenzione non è mai rispettata. Io stesso, presidente della comuntà dei sordi delle Marche, sono dovuto scendere in piazza con il direttivo delle mie Marche per un sit-in. Ai dirigenti della telvisione di Stato non frega niente dei sordi e degli anziani! Così a quasi tutti i leaders dei partiti. La loro disattenzione sulla condizione dei più deboli mette a nudo la debolezza del ‘pensiero sociale’. Sono convinti di governare il potere attravero quei dirigenti che, gli stessi partiti, formano appositamente nelle loro direzioni. Norberto Bobbio lo aveva ammesso e, con lucida ironia dichiara, è vero che «la democrazia è il governo del popolo»; poi aggiunge con sarcasmo che bisogna indicare «chi» è questo popolo. La democraza, perché  sia completa, ha bisogno di coraggio per percorrere vie inesplorate,  specificando chi è il popolo al quale si riferisce. A questo punto il popolo dei disabili non è mai indicato. Il fatto che non sia  manipolabile è una condanna. Nella società di oggi aumentano i disabili perché, chi ieri era spacciato per mancanza di interventi medico-riabilitativi, oggi può essere tenuto in vita. Ma Ippocrate, almeno un’alta percentuale dei suoi colleghi, finisce per far vivere una quantità di gente ’spenta’, i cui apparati, sebbene funzionino, lo sono sempre a metà, per lo più per salvare le apparenze dei congiunti. Dunque c’è l’esigenza di una maggiore vigilanza per controllare le istituzioni e il potere politico, detenuto attraverso i partiti. Nussbaum ci conduce di fronte a realtà inquiete, a  operatori che scelgono, a parole, il lavoro di inclusione dei disabili nella società di maggioranza, ma  si bloccano, si agitano quando gli stessi protagonisti suggeriscono come vogliono la società di inclusione e, soprattutto, la classe politica, vale a dire quella che propone le leggi. Ho, su questa linea, un’esperienza recente. Essendo presidente regionale della comunità sorda e ipoacusica delle Marche, mi sono mosso - come tanti colleghi presidenti regionali - per compiere un sit-in di fronte alla sede della RAI per portare l’attenzione  sulla carenza delle sottitolazioni dei programmi televisivi, e su altre istanze disattese dal  governatore della mia regione. Ebbene costui ha dato disposizioni immediate all’ufficio stampa, snocciolando cifre su cifre, che la  mia regione, non solo rispondeva ai disabili rispetto alle altre regioni, ma dava di più rispetto alle risorse offerte dal governo centrale. La questione, così impostata, era sbagliata. Come sempre avviene da chi fa politica con un  corpo cosiddetto non ‘toccato’ dalla disabilità. Costui crede che il problema possa essere risolto con le risose, le quali, ahimé, finiscono sempre nelle tasche dei sani (!); al contrario gli investimenti vanno esaminati con la critica approfondita dei protagonisti. Io non mi sono mai vergognato di essere sordo. La vergogna scaturice quando una persona udente, di più se essa è un politico, parla di sordità, indirettamente di me presente, senza che chieda la presenza di un interprete di lingua dei segni o labiale, per farmi capire. Se noi continuiamo a stare impalati, senza reagire per l’assenza dell’esperto, di fatto della partecipazione che favorisce la democrazia, siamo finiti, struementi alla mercé di una democrazia costruita sullo sfruttamento. Inesistente o utile sola alla casta.

Natale al Borgo

Giovedì, Dicembre 25th, 2008

Sono al paese di mia madre
per festeggiare il Natale.
Su al borgo raccolti parenti e amici
attorno allo scoppiettante fuoco.
Ho vissuto tanti Natali
e nessuno uguale all’altro.
Ma tutti mi sono nel cuore.
Ricordo quelli della valle
con la neve che copriva la collina
e lo scirocco del Cònero
a Te conduceva il pensiero
Bambino. La mia domanda
allora ammutoliva al Mistero
per godermi sereno il Natale.
Tanti ne ho vissuti, madre!
Un gironzare ovunque per l’Italia
per chiedere Giustizia e Amore
per il mio popolo di Silenzio.
La vita va con i miei e i tuoi Natali.
Stringiamoci forte questo Natale.

Inedita. Natale 2008.

Giustizia e disabilità (prima parte)

Domenica, Dicembre 21st, 2008

 Martha C. Nussbaum ha portato l’attenzione sulla teoria delle capacità, allo scopo che ciascuno di noi raggiunga la felicità che sarà esprssa secondo le proprie potenzialità. L’autrice ammette che è un errore del nostro tempo (cfr Le nuove frontiere della giustizia. Disabilità e appartenenza di specie) che la democrazia e la politica siano gestite solamente da chi è giudicato normale. Di fatto portando l’attenzione su tre problemi irrisolti: 1) le questioni della giustizia nei confronti delle persone con  handicap; 2) il problema dell’estensione della giustizia a tutti i cittadini; 3) il nostro modo di trattare gli animali non umani. L’autrice fa presente che è sbagliato considerare cittadini – come succede  in particolare oggi – solo baldi giovanotti, escludendo le donne, i bambini, gli anziani e i disabili. Siamo nell’errore iniziale di fornire i principi politici, fondamentali, solo a chi è giovane, invece dobbiamo estenderli a tutti i cittadini. Per Nussbaum la teoria della giustizia di Rawls è la migliore perché non esclude nessuno dalla partecipazione democratica, se non chi vuole tirarsi fuori dalla società stessa. Se i disabili sono considerati membri della società, come in fondo essi sono, è evidente che la società è chiamata a risolvere i loro problemi  di partecipazione  (superamento della disabilità delle strutture e formazione del personale specializzato), affinché le  loro potenzialità siano attive nella stessa società. Una volta, per esempio, si torturava chi era mancino. Predominava il pregiudizio. Era considerato addirittura handicappato, simile alla donna che, a detta degli uomini, era incapace di  esercitare delle professioni, in quanto soggetta al ciclo mensile, e di fatto disadattata a decidere con serenità in quei periodi.

La democrazia allora non esiste per disabili? E chi la garantisce poi? Sono sempre “quelli lì” a comandare con le stesse strutture dotate per i normali.  Questo, di fatto, mina la democrazia alla base perché qualcuno è assente. E ciò che dice Sylvain  Maréchal nel  Manifesto degli Eguali,  in cui sono ammessi gli affilati egualitarismi di Babeuf e dei suoi congiunti. Maréchal invoca una società nella quale «non ci sono più fra gli uomini altra differenza che quella dell’età e del sesso». Buttare fuori con disinvoltura donne, bambini e handicappati  - dalla nave della politica - quando succede nel loro primo affacciarvisi c’è il sospetto che siano migliori, soprattutto nei confronti dei bambini che si sono accostati per alfabetizzarsi sulla Giustizia, anche con la presenza di Figure carismatiche e da imitare, e se li escludiamo (a parte la farsa dei consigli comunali dei bambini) ci comportiamo nello stesso modo di quando schiavi, donne, handicappati e stessi gli bambini non avevano nessun diritto. Non dobbiamo più continuare a giocare sull’ambiguità del termine «diritti dell’uomo», occorre, invece, valutare che cosa può dare quest’uomo quando è messo nella condizione di partecipare nelle sue potenzialità per facilitare la crescita della democrazia nella società.

Dell’uomo chiacchierone il pericolo politico

Lunedì, Dicembre 15th, 2008

L’osservatore della politica estera del New York Times, James Roston, affermava che «Il mondo è guidato da governi che comandano per mezzo della forza e della paura, o da governi che non godono della fiducia della maggioranza dl popolo». Eppure, come avviene in molti Paesi dell’Occidente, tutti i governi dovrebbero farsi guida del loro popolo perché democraticamente eletti. Quando qualcuno porta l’attenzione sul governo di Berlusconi affermando che è potenzialmente dittatoriale intende portare l’attenzione sul fatto che agisce o indirizza le scelte per rafforzare esclusivamente la propria leadership e quella dei sodali. Ciò è soprattutto adoperarsi all’acquisizione del potere, estendendolo sempre di più. E’ la caratteristica dominante delle persone  con disagi psichici, con conflitti  non risolti. Ma ci sono anche statisti maturati per un’idea di fondo: per la giustizia, il riscatto sociale ad una condizione economica di svantaggio ecc. Berlusconi non ha paragone con Churchill, De Gaulle, uomini carismatici, maestri della parola; Kissinger, tecnico della politica (…). Poi? Poco altro. Forse Mao, giudicato «L’ultimo dei grandi dinosauri e con ciò intendo gli statisti che sono stati attivi in guerra. Gli europei hanno elevato ad un’alta considerazione l’altezza del giuramento del guerriero» (André Malraux su Newsweek). Ma Berlusconi chi rappresenta? Di certo gli avvocati che lo difendono dalle malefatte, stipendiati con la carica di parlamentari, ovviamente il culto della sua persona e le sue aziende. Berlusconi è un man-language. Capace di costruire una sfilza di parole senza che le passassero per il cervello: e questo le degrada a sconclusionata chiacchiera. Il giornalista Marco Travaglio l’ha capito da  una vita. Idem il presidente dell’Idv, Di Pietro. Molti politici si addormentano sulle parole di Berlusconi. Questo porta l’Italia ad un rischio internazionale nel momento in cui il capo del governo va all’estero o parla a nome dell’Italia: mina vagante e a rischio economico per tutti i cittadini. Berlusconi non deve essere lasciato solo a  modificare la riforma della Giustizia – come sta muovendosi tutt’ora -perché la governerà a proprio piacimento. Gli indizi psicologici della sua fobia per la Giustizia (e ADP) - non servono riproporli, basta seguirlo nelle sue sortite quotidiane. Maestro-giocoliere della parola utilizzata a proprio piacimento, secondo le momentanee opportunità, allo stesso modo come fa con la Giustizia. Che alla lunga però, come tutte le dèe, ne smaschera la natura: un attore  asceso alla ribalta per soggiogare gli spettatori e conservare la padronanza del palco  del  teatro su cui recitala la propria condizione  di “unto del Signore”, un uomo oligarchico con  smanie di protagonismo che ha ingessato il dibattito politico in Italia.  

Cuore di Porto Recanati

Martedì, Dicembre 2nd, 2008

Ascolto il battito di Geo.
Sempre sei stata, o terra
affine al mio corpo dialogo
teso nei sogni di queste colline
da cui ogni giorno sono generato
nel volto dei mezzadri che ricordo.
(Oh! le mie Marche di vergari e tabaccoli,
gente robusta con mani callose
il cuore generoso; ancora mi parlano
nell’idioma del passato
nelle sere che calano sul mare)

Sono andato nell’ultimo volo
per imitare il gabbiano sfiorante l’onde.
Sulle spalle ho la croce del debole.
Mi sono dato ai fratelli del Silenzio.
Volato oltre i Sibillini, oltre
il Cònero per fondermi nell’arcobaleno.

La mia storia la sussurra il vento
che soffia per le vie della mia Porto.
A me non è dato ascolto se non che
nelle labbra che muovono rapide parole.
Nemico talvolta a me stesso, sui libri
indago la verità per sperare consenso.
Un abbraccio d’amore, mia Porto Recanati.

da Renato Pigliacampo, L’albero di rami senza vento, Gianni Iuculano Editore, Pavia 2006.