Archive for Febbraio, 2007

L’albero di rami senza vento

Martedì, Febbraio 20th, 2007

Presso la casa editrice Iuculano Editore di Pavia (www.iuculanoeditore.it - tel. 0382.539830) è stato pubblicato il mio nuovo libro di poesie «L’albero di rami senza vento».

La Presentazione è del sindaco-poeta di Macerata, Giammario Maulo: “Il silenzio si apre un varco dentro la parola nel nuovo libro di Renato Pigliacampo. E’ il testo della sua maturità poetica: poeta del Silenzio e del riscatto da una condizione di svantaggio che diventa amore per la vita e insegnamento. Ci sono tutti i grandi temi della sua poesia.”

Il libro può essere richiesto all’editore.

Ciò che importa è quello che c’è di diverso

Sabato, Febbraio 17th, 2007

Non si piange sulla propria storia, si cambia rotta” (Spinosa). Parole prese in prestito perché entrino in testa. Le avevo ricopiate nella seconda pagina di copertina, in bella vista, del mio Diario. Credevo che avessero un significato per tutti, di più per gli adulti. Di più ancora per chi fa politica. Mi ero sbagliato. Quando uno ha una “storia politica” finisce marchiato. Come le vacche che vanno a pascolo nella contrada Bagnolo di Recanati. Si è spesso costretti a condividere una linea politica perché uno che ha la ‘tesserina’, burattino nelle mani del burattinaio della zona, alzerà la mano secondo le disposizioni di colui che gli ha promesso il posto, “per meriti politici”, quando sarà parlamentare (sic!).

Ce n’è più di uno, dalle nostre parti, che la pensa così. Anche nell’Italia dei Valori. Preferisce far rischiare il partito, che scompaia, piuttosto d’aprire la porta ai capaci, coloro che ardono di passione. Quest’ultimi sono tenuti dai soliti “capetti”, i quali preferiscono non confrontarsi e proseguono nella routine del bla-bla. Una volta mi è capitato di scuotere la platea politica con delle frasi del poeta Nolan, tetraplegico: “Accettatemi per ciò che sono e io vi accetterò per come voi siete accettati“. Obbligato a parlare così perché tra i tanti blateranti non ce ne era alcuno che avesse volontà solidale di riassumermi labialmente o per iscritto quanto veniva detto nel dibattito. Eppure ce ne sono tanti a criticare “quello che non fanno le altre fazioni per i disabili”, ma ahimé anche i nostri sono forgiati sulla stessa cultura del pregiudizi e di interessi infimi. Com’è lungi l’invocazione del procuratore capo di Milano, Borrelli: “Resistere, resistere, resistere!” E pur noi, nel partito, in attesa che rientri Di Pietro (il nostro Mosè) dalla missione nell’Arca del governo, riprenderemo il viaggio.

Ormai il tempo che mi è dato volge al tramonto: e il mio desiderio di parlare nella sede del Palazzo, per portare la parola del Silenzio, resta un’illusione. Sono stati vincitori i furbi di giornata, i plagiatori di idee e di progetti, i “politici” insomma… non le persone! Vorrei che fosse presente, nella mia fatica quotidiana, più attenzione alla diversità perché coloro che la pratichino potessero far politica (nuova), in strutture e personale adeguati. Oggi, nella comunità, si impone un bisogno urgente di rinnovare i metodi di fare politica, l’educazione dell’accoglienza politica, la rigenerazione di una proposta utile a tutti e non ai pochi. “Ciò che conta nelle persone, e nelle scuole, è quello che c’è di diverso, non quello che è uguale” (Roland Barth). Aggiungo con forza: “e anche nei partiti, compresa l’Italia dei Valori!

Bambini che non voleranno mai

Mercoledì, Febbraio 14th, 2007

I sordi appartengono ad una piccola comunità invisibile, a parte, della grande comunità di maggioranza udente. La quale agisce, soprattutto dall’inizio di questo terzo millennio in cui i sordi hanno avuto il coraggio di scendere in piazza per rivendicare il  diritto di riconoscimento legislativo della lingua dei segni, come propria  lingua (più) efficace per manifestare idee ed emozioni. Effettivamente in molti Paesi  europei la lingua dei segni è riconosciuta da anni; infatti, sin dal 1988, la deputata europea, Lesmas, chiedeva - ai Paesi membri - di riconoscere la peculiarità comunicativa dei sordi espressa nella lingua dei segni del proprio Paese. In Italia gli attriti fra l’ENS e le famiglie locali federate alla FIADDA, la cui presidente è al vertice da quasi quarant’anni, sono stati sempre aspri.  I sordi adulti non sono lasciati in pace nelle loro proposte al governo. La FIADDA, che ammette di tutelare bambini sordi e audiolesi, rivendica un ruolo esclusivo sui figli degli associati che, il 98% di loro, s’incammina lungo una strada che, adulti, avrà per meta l’infelicità. Non sono sufficienti gli incontri dell’associazione ENS, dei protagonisti più tenaci che manifestano scientificamente la loro esperienza, i riscontri negativi di proposte di un «recupero» che non risponde alle reali necessità del bambino sordo perché possa crescere felice. Ci troviamo di fronte a familiari oscurantisti che perseguono l’oralismo a tutti i costi, a politici opportunisti, a docenti di sostegno senza volontà di migliorare la professione, a personale di riabilitazione logopedico: e tutta questa gente esercita pressioni sui genitori perché l’educazione dei propri figli sia programmata esclusivamente per «l’integrazione con i normali». Pensano di donare a questi bambini le ali della natura, invece gli appiccicano ali di cera, che si scioglieranno alle prime difficoltà perché non gli hanno insegnato a gestire la menomazione sensoriale, ad essere se stessi. Considerato che la disabilità della sordità non è visibile, i familiari non si preoccupano più di tanto di ciò che succede al figlio in ambito scolastico, di riabilitazione logopedica e nei processi di sviluppo psicologico e d’apprendimento. Le madri possono sempre far obiezione al parentado, alle amiche, ai vicini di casa che il figlio non ha problemi né di comunicazione né di partecipazione alla didattica comune. Mi è capitato di conoscere una mamma di sordo che, fino a vent’anni, ha nascosto ai parenti, ai conoscenti le difficoltà gravi d’udito del suo ragazzo: e ogni volta adduceva cento scuse sull’incomprensione delle parole o sulla voce rauca. Altera, sicura di sé replicava sempre: «E’ normale! Frequenta  i normali!». Il ragazzo la seguiva a puntino diventando maestro di finzione: recitava tanto bene la sua sordità da renderlo ineccepibile attore! Negli inviti alle festocce scolastiche affermava, quando  era costretto a parlare o a seguire determinati comportamenti verbali, che era raffreddato, o che soffriva di laringite, o di mal di orecchi, o di un principio d’influenza (…). Povero ragazzo, non si avvedeva che era aggregato e non integrato nella cosiddetta comunità normale!

I sordi diventino protagonisti per risolvere i problemi che li riguardano

Venerdì, Febbraio 2nd, 2007

«Il linguaggio fu inventato in modo che le persone potessero nascondersi reciprocamente i propri pensieri.» (Charles-Maurice de Talleyrand). Ma io, Renato Pigliacampo, non l’ho nascosti: li ho ‘vestiti’ con un altro linguaggio. Ho iniziato a volare, con le nuove ali: e oggi continuo a volare.

Spesso ho avuto la sfrontatezza di risolvere - non solo i miei problemi di comunicazione dovuti alla disabilità dell’udito - ma anche quelli dei simili. Infatti la prima regione italiana a legiferare sull’abbattimento delle «barriere di comunicazione» (terminologia proposta alla commissione affari sociali) è stata l’unica regione italiana al plurale, le mie Marche. Da quattro anni avevo lasciato l’insegnamento a Roma per dedicarmi, nel territorio di Recanati-Porto Recanati, alla professione di psicologo. La commissione affari sociali, presieduta da Malgarì Ferretti Amedei (PCI) chiese, a noi rappresentanti delle associazioni, «di suggerire i punti focali per migliorare la nostra qualità di vita», affiché fossero ripresi nella istituenda legge regionale. Dissi di getto «abbattere le barriere». Alcuni consiglieri pensarono che mi fossi confuso con la scontata frase «le barriere architettoniche». No. Dovetti  fornire una rapida lezione su che cosa intendevo. La presidente - poteva intuirlo solo una donna! - capì subito che si trattava di una proposta nuova, che avrebbe caratterizzato la dirigenza della commissione. La legge fu approvata in poche settimane.  Dico della L. R. 18/1982. Molte regioni italiane contattarono l’assessorato ai servizi sociali per averne idea. Di poi fu rivista, migliorata, nella L. R. 18/1996, art. 20, in cui si chiedeva addirittura un  «programma televisivo settimanale alla sede regionale della RAI», o tramite un’emittente privata. Precedemmo la nota legge nazionale per l’integrazione delle persone disabili (l. 104/1992). La legge afferma, nell’articolo 9, che i comuni singoli e associati possono istituire «il servizio di aiuto personale»… e «comprende il servizio di interpretariato per i cittadini non udenti». Per i sordi era una vittoria, tuttavia… La legge riportava un cavillo, predisposto con la solita malizia degli italici lugulei istituzionali. Infatti vi è scritto che «il comune singolo o associato “può″», non vi è riportato, come avrebbe dovuto essere, “deve”. La verità era che, se restavano soldi dopo aver finanziato i progetti più importanti, il sensibile assessore o il sindaco avrebbero istituito il servizio…  Nelle Marche, pressavamo, in particolare nel territorio provinciale di Macerata, gli assessorati (…) e, mugugni o no, disponevano per le nostre esigenze di comunicazione. Nelle assemblee sindacali, politiche, sportive non eravamo più spettatori, bensì persone  partecianti, grazie alla professionalità nella comunicazione dell’interprete di lingua dei segni. Personalmente me ne giovai molto: in politica, nell’aggiornamento professionale, nei convegni, nell’ausilio per comunicare (allora non erano presenti i telefonini)  con persone lontane. L’interrelazione, sebbene tramite l’interprete, con i rappresentanti del potere politico-amministrativo mi dettero l’opportunità di mettere in piazza le rivendicazioni dei sordi, di provocare forti emozioni col mio Silenzio nei dibattiti e convegni.

Il Silenzio aveva l’opportunità di uscire dal carcere.

Ne approfittai.

Iniziai a volare, puntando dritto ampi spazi.