Poesia

Renato Pigliacampo è stato uno scrittore e un ricercatore scientifico, ma soprattutto è stato un poeta.
Fin da ragazzo ha cercato nelle parole e nei versi la via di fuga dalla condizione sociale in cui l'aveva limitato la sordità. Negli anni la sua vena lirica è cresciuta, maturata, ampliata nei temi e negli stili, portandolo a vincere numerosi premi letterari.
"Nella sera che cala sul litorale" è una raccolta antologica pubblicata nel 2016, un anno dopo la morte, che ne racconta il percorso poetico.
Maggiori informazioni nella pagina dedicata al libro.
Di seguito come Renato presentava il suo modo d'essere poeta.


La gente comune, che purtroppo è maggioranza, se ne fotte di poesia.

Nella lettura – le poche volte che legge - vuole trovare divertimento, sesso, suspense, serial killer oppure i sospiri dell'amore e le romantiche fughe.

Chi prova a scrivere poesie, se ne vergogna, ha difficoltà a confessarlo…

Eppure la poesia può essere… salvezza.

Per me è stata la salvezza dal Silenzio.

Ero ancora un ragazzo quando Diego Valeri, nel 1973, mi scrisse che la sordità non poteva «..essere di ostacolo a una persona dotata come Lei di viva intelligenza, anzi dotata d’ingegno, di esprimersi artisticamente in prosa e in poesia». Cinque anni più tardi, Cesare Zavattini mi scrisse che il Silenzio «...invece di precluderLe certi strumenti espressivi, glieli migliora o comunque glieli caratterizza sia tecnicamente sia umanamente». C'è forse chi esagera tra gli esperti, i professori, i poeti, gli amici, che mi hanno voluto esprimere il loro compiacimento per il mio fare poesia. Qualcuno dei loro commenti è raccolto nella pagina dedicata all’antologia critica.

C’è chi ha visto nelle mie poesie «un lungo viaggio di continua scoperta e di continua azione», «il furore di comunicare quella parola» che non posso ascoltare, «un fervore di sontuose invenzioni e visioni, una vocazione autentica e originale», «un cammino interno: una luce del silenzio che avanza e conquista il poeta: una meraviglia di poesia che cerca di possederlo». La mia poesia «meraviglia, stupisce, accende la fantasia, esalta la sensibilità». Piace in me «il tono di fiaba», nonché la «voce personale e convincente». Nel mio lavoro poetico si scorge «il fondamento e l'origine di una solitudine perfetta che la parola vive nel corpo». «Grazia di poesia». «Linguaggio personale, moderno, umanissimo». Esagerazioni: «i testi poetici di Renato Pigliacampo emanano un afflato di miracoloso: essi emergono allo splendore di luce universale da un compatto mare di silenzio...». Si conclude che la mia poesia «prima di essere letteratura, senz'altro è vita».

Mi fermo qui. I poeti sono presuntuosi, prendono troppo sul serio la loro... unicità.

Anche quelli che valgono (quasi) nulla: e ce ne sono parecchi.

Io scrivo in poesia perché so che in me sogna il Silenzio, col quale dialogo.

«La vera poesia - scrive Th. S. Eliot - può comunicare prima ancora di essere capita.»

In me la poesia vuole comunicare diversamente: non rappresento dunque l'universale aristotelico, ma la quotidianità di coloro che testimoniano la "diversità" e, dalla solitudine e dal dolore, traggono il canto per indurre alla riflessione. Ho detto abbastanza di me.



LO STÈRCO DEI PICCIONI

Questa vita di silenzio nei canti implosivi
lungo rotte di giorni
per un popolo ignorante del sociale
che parla alle tivù e radio libere
senza riflettere cos’è vita e morte

Sono l’ultimo poeta:
il niente d’ora per il nulla di domani.
Il mio Maestro non fa una grinza in piazza
né si scosta dallo stèrco dei piccioni.

Recanati, 28 giugno 1994