Per un albero di Natale

Nella mia Porto Recanati sindaco e giunta sono turbati perché - come da alcuni anni – regalano l’albero di Natale ai quartieri. Quest’anno il quartiere “Sammarì” non ha partecipato nel palazzo comunale alla pomposa cerimonia di consegna. I consiglieri comunali e la gente del quartiere sono incavolati con l’amministrazione per non aver considerato i problemi delle loro viuzze, abituri, negozi, eccetera. Il “casus belli” ha fatto cassa per i giornali delle cronache locali. Ecco che l’assessore “agli Istituti della partecipazione” (sic) interviene con interviste e scritti ai giornali che “Noi offriamo l’albero ai Quartieri per trasmettere un senso di pace, gioia e serenità tra i cittadini e di tutti i Quartieri”.

L’intenzione è buona se il Natale è una festa per tutti, come (forse) lo era una volta. Oggi il Natale, sebbene scriviamo con la lettera maiuscola, non è più quello di ieri perché, se vale per la maggioranza della gente, meno è “natale” per una percentuale non indifferente di cittadini. Porto Recanati ha quasi il 20% di gente residente straniera, la cui religione - non solo ignora la festa del Natale cristiano - ma sono giorni in cui cresce lo sconforto di una solitudine e assenza che non ha nulla a che fare con la solidarietà trasmessa da un simbolo per cultura a loro è ignoto. Il messaggio della giunta è riduttivo, enfatico. Non si governa più col “volemose bene” dettato dalle date del calendario delle “feste comandate”: il dono del panettone e la bottiglia dello spumante ai vecchietti della casa di riposo, o cercare appoggi politici con l’invio degli auguri alle “persone in vista” della cittadina a spese dell’amministrazione. La festa della natività non è nata per lenire gli sconforti del Quartiere “Sammarì” col dono, ripeto, dell’albero. Il volemose bene è dovere d’intervenire per la soluzione delle questioni per tutto l’anno: dal 1° gennaio al 31 dicembre; altro è demagogia, anzi diseducazione per chi non professa la religione cattolica perché ci notano ipocrisia e strumentalizzazione di sentimenti.

La fede è coscienza di ricerca di un trascendente, pertanto personale che non può essere ridotta a politichese. “La politica - disse De Gasperi - è fare.” Chi non sa fare è incompetente e non può sfuggire alla responsabilità delegando ai dirigenti dell’ente perché è chiamato egli stesso a decidere: e se non ha cultura ed etica istituzionale decide male. Ho notato che, anche nell’assegnazione degli assessorati, c’è inflazione di nuove terminologie. Fumo negli occhi per scaricare l’inefficienza. L’albero di Natale ha compiuto il miracolo di togliere la maschera.

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