I genitori: la sordità mai

Quando mi permetto di approfondire nei familiari dei bambini sordi l’accettazione della sordità riconosco di inoltrarmi su un argomento spinoso, che non stimola la loro attenzione, anzi li irrita; interpretandola come azione sadica, anche perché finiscono quasi sempre per dare retta alle innumerevoli sirene che li circondano, con la promessa del recupero certo dell’udito. La mia onestà di professionista è stata coerente sia quando insegnavo nelle scuole specializzate sia operando da psicologo nelle strutture pubbliche, vale a dire sostenendo psicologicamente la famiglia nell’accoglienza della disabilità sensoriale del bambino. Valutarla senza drammi, scorgendovi una ricchezza per tramutarla in risorsa: prima per il piccolo, poi per la stessa famiglia e la comunità di maggioranza.

Non crediate che sia una scelta utopistica: è una proposta programmatica che può essere portata avanti dagli operatori scolastici e sociosanitari. L’accoglienza di vivere la sordità non è rassegnazione, si badi bene! Significa avere genitori diligenti che rinunciano all’accanimento  (e a girovagare per l’Italia e all’estero alla ricerca della panacea o del luminare) per conseguire la sanizzazione, al coattismo verbale, ad imitare il fratello o il cugino udenti, all’idea di conseguire per forza la «normalizzazione», che niente ha a che fare con la persona.

Discutere con la famiglia, i riabilitatori logopedici e gli insegnanti di questo Progetto di divenire sordo - perché si tratta proprio di un progetto -  è un processo che obbliga innanzitutto noi stessi  a cambiare concezione di vita, alla scelta dell’ ex-novo dove l’altro - il sordo - diventa il primo artefice di saper affrontare  le proprie questioni, crescendo egli stesso quale primo artefice per confrontarsi con i simili e gli udenti “normali”.  L’eutonologia di Henri Laborit  - saper vivere bene nella propria pelle - è dunque sapersi accettare «in viaggio» perché tutti, prima o poi, nella vita sperimenteremo la diversità: disabilità momentanea per parecchi e/o permanente per taluni. Dobbiamo addestrarci per essere pronti ad accoglierci nello essere diversi! I bambini sordi sono spinti a modellarsi secondo i bisogni di chi ha orecchi e lingua idonei; dimentichiamo che sono nel silenzio, anzi nella sordità: esperienza che include spavento in chi la considera dramma e isolamento; invece bisogna ‘rivisitarla’ su un contesto culturale, di processi psicocognitivi nei quali matura una persona migliore.

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