Oliver Sacks (III)

Il neuropsicologo fa presente, ritenendolo importante, che i sordi prelinguistici, non solo fanno fatica a comunicare agli (altri), vale a dire  agli udenti interlocutori (NdA), nel momento in cui conversano con essi, ma trovano difficoltà ad afferrare il concetto stesso della domanda. La loro risposta è pertanto confusa e imprcisa. Troviamo, negli scolari, l’assenza della forma interrogativa: « (…) a otto anni, molti ragazzi sordi mostrano già ritardi nella comprensione delle domande, continuano a usare il linguaggio come un serbatoio di etichette, non sanno conferire alle risposte un sgnificato centrali. Hanno uno scarso senso di rapporti causali, raramente introducono idee riguardanti il futuro (…)» (cfr O. Sacks, op. cit., p. 104). Questa osservazione è fondamentale per studiare i processi psicocognitivi e linguistici del bambino sordo. Sacks annota che pensiero e linguaggio hanno diversa origine, ricollegandosi di fatto a L. S. Vygotskij.  « (…)  esiste un’ampia gamma di forme di pensiero (…) assai prima che il ll linguaggio emerga» (O. Sacks, op. cit., p. 73). La questione si estende per stimolarci a ricercare le radici di quel pensiero che sarà ‘vestito’ da questo linguaggio che, H. G. Furth, denominò diligentemente “pensiero senza linguaggio”, rapportandolo ovviamente al linguaggio simbolico acustico-verbale di magggioranza. E’ evidente che Sacks valuta il linguaggio nello sviluppo della lingua e nelle sue regole grammaticali. L’attenzione e la riflessione su questo, lo portano a William Stokoe che, nel 1960, chiamato ad insegnare linguistica ai sordi nell’University Gallaudet di Whasingthon, unica università al mondo frequentata esclusivamente da studenti sordi, si « (…) convinse che i segni non  erano mimica estemporanea, ma complessi simboli atratti dotati di una stuttura interna altrettanto complessa» (O. Sacks, p. 120).  E’ evidente che pecepire questa lingua - e memorizzarne i codici visivi - c’è bisogno di  un occhio speciale, che è la caratteristica proprio dell’occhio dei sordi: « (…) tutto ciò che nel parlato è lineare, sequenzale, temporale, nei segni diventa simultaneo, presente a più livelli, concomitante… » (O. Sacks, p. 113).

(continua)

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