Luoghi comuni di taluni docenti di sostegno

«Eh! a che serve apprendere la lingua dei segni?». «Il mio allievo mi capisce: e lo capisco». Sono luoghi comuni di tanti cosiddetti docenti di sostegno nelle interrelazioni con i colleghi e i familiari dello studente sordo frequentante la scuola secondaria di primo e/o secondo grado. Non riflettono abbastanza sul processo d’apprendimento e la memorizzazione dei contenuti perché, nei corsi di formazione e di specializzazione, nessuno ha parlato loro di questo. Alla fine si riducono a presentare la didattica allo stesso modo dello studente con normalità sensoriale. I docenti possono essere considerati ammaestratori che prendono la via del canale auditivo, il verbum per antonomasia, senza che ciò abbia la doviziosità, l’esperienza e la completezza fondata sull’intelligibile ascolto costruttivo come avviene nella domanda/risposta caratterizzante il processo di apprendimento dello studente udente. Pertanto il nostro allievo sordo dovrà cavarsela per via visiva (labiolettura). La maggior parte dei docenti chiama questo operare «il metodo orale».

Non siamo «sulla dritta via».

La verità è un’altra: insegnare ai sordi e/o agli audiolesi di nascita o divenutili in età evolutiva impone al docente di studiare molto, con l’intenzione di affermare che deve avere conoscenze di base dapprima su discipline pedagogiche e psicologiche, poi sul particolare specifico e metodologico del disabile sensoriale d’udito.

Nel nostro Paese (estate 2006) questa preparazione è assente. Se ci adoperassimo meglio alla soluzione del problema, è certo che a giovarsene sarà l’attività didattica per gli scolari normodotati. Chiaro che sorge un dubbio: la Scuola ha un corpus docens all’altezza di saper insegnare, non dico ai sordi, ma agli studenti in genere?

Mi rendo conto che la definizione «saper insegnare» solleverà un vespaio di discussioni. Noi sordi ci adoperiamo negli ultimi anni a suggerire soluzioni, più volte esposte nel tavolo del Gruppo di lavoro per l’integrazione degli handicappati operante presso il MIUR centrale. Abbiamo suggerito che i docenti per la scuola secondaria - a stipendio d’accesso o valutando determinati crediti formativi - nei primi due anni della professione affianchino i docenti ritenuti esperti perché possano esercitarsi sulla programmazione didattica della loro disciplina, di cui hanno l’abilitazione (generica) per l’insegnamento. Se non sblocchiamo questo giro vizioso di un’istruzione approssimativa del sordo e/o dell’audioleso, egli finirà per essere ‘assistito’ da chi gli è dintorno che resta (sempre) un operatore con scarsa e/o nulla professionalità.

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