PROPORSI COME REALTA’ COSTRUTTIVA PER VALUTARE IL «SILENZIO»

Ciascuno di noi, nel momento in cui attraversa un periodo di patos, eleva la classica frase: «Voglio cambiare il mondo!»  Ma nessuno, come affermano parecchi filosofi, pensa di cambiare se stesso. Il motivo è semplice: per cambiare dobbiamo sempre rischiare di persona, vale a dire rimetterci in gioco. Di solito rimaniamo esclusivamente marionette che si esercitano nelle dichiarazioni, o nel semplice esercizio loquelico. «Cambiare» ci impone, per primi, all’esercizio intellettuale e filosofico di un’etica morale di   scelte  profonde che ci muti da cima a fondo! Oggi, la comunità in genere, ha intrapreso la via del solo «sentire», o del solo «pettegolare», chiacchiera enfatica che, ieri, veniva  adottata dalle comari del rione o del vicinato. Oggi, la parola, è merce e, come tale, sfoggia gli strumenti di mercato (vedi la diffusione dei DVD, il copyright che ne deriva su ogni medium che fa girare l’idea-prodotto culturale…). Qualche opera potrà essere un prodotto culturale, qualche altra no, restando solo pattume. Siamo allora al mero  sentire: voce spenta che non diverrà mai parola.
 

Pensando alla parola/logopedica, alla voce del bambino con problemi d’udito che, la logopedista, si adopera con tenacia a rendere comprensibile, ci avvicina alla speranza di ogni madre di bambino sordo, ed è ovvio che sia sacrosanta attesa, questo auspicio, di accedere alla loquela da parte dei genitori! Ma se non avverrà - questo processo di apprendimento -  secondo   gli stadi di sviluppo del bambino,  tanti progetti dei genitori, e della madre in particolare, naufragheranno. Allora si pensa all’impianto cocleare. Può essere utile e/o no. Talvolta il piccolo ‘impiantato’ resta solo col tipico di sentire senza approfondire ciò che “ode”, un pappagallismo appunto per accontentare parenti o/e amici d’occasione affinché i genitori possano dire che, il bambino, è «normale». I genitori riflettano su questo perché altrimenti l’impianto cocleare diverrà un esercizio che interesserà esclusivamente un gruppo   considerato al solo fine di sradicare la sordità, senza considerarne il «valore». Sì, mi riferisco ai valori del Silenzio. Noi sordi o ipoacusici dobbiamo insegnare a considerare il positivo presente nel Silenzio, soprattutto in una società, come quella di oggi, dove niuno più ascolta perché è saturo, piegando esclusivamente sul «sentire»,  in cui - gli elementi della parola - restano in superficie. I bambini hanno necessità di ascoltare il Silenzio che deve essergli presentato dagli psicologi e pedagogisti sordi. L’ENS, se esiste o si propone su questi Progetti, dovrebbe essere in prima fila a proporsi nei Programmi.�
 

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