Sulla spiaggia in cerca di Dio

Siamo intimi in silenzio nelle parole segnate:
immote bandiere sull’acqua
né sussurro di vento impaccia
né colloquio con la natura
ci è caro; noi due delusi a segnare e basta;

e s’allontana quel che non abbiamo avuto:
il ramo fiorito di mia/tua  stirpe
nuova luce che cammina verso l’Ignoto.

 

Le barche vanno a pelo d’acqua
raccontando storie di ieri e oggi:
di moldave croate donne dell’est
che han svenduto anima e corpo.

Lontano qualcuna piange, o canta
per comunicare quel che resta, il vuoto.
Mi sono accostato alla spiaggia
per riprendere il colloquio col mare;
ancora una volta vince il Silenzio:
e mentre a testa china cammino
un vecchio pescatore accenna
che sono fesso a cavare coi gesti
seduzioni di donne forestiere.
«Prendile di dietro» afferma
«a colpo sicuro» ridacchia.
 
Ho rinunciato a rincorrere i sogni.

L’ombra scende sul mare
come se stanotte
dovesse sposare Qualcuno.

Mio Silenzio tormenta ferisce.

Lentamente pronunci «amore»:
le mie orecchie s’aprano sicure
mosse da fonemi intonati
rispondano alla lingua capaci. 

Ondivago è sulla spiaggia il mare.
Giacciono stille che raccolgo in mano.
Oh mio Dio perché non mi doni Pace?
Perché Tu con me non sei goccia?
 

dalla silloge inedita Penite amimus
 
    

 

 

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