Osservare il sordo

Nella biografia di Leonardo da Vinci troviamo delle intuizioini sull’importanza dell’osservazione sistematica. Il grande vinciano annota  che in gioventù, nella bottega del Verrocchio, aveva familiarità con i pittori sordomuti, i quali ritraevano ricchi commercianti e artigiani fiorentini. Leonardo considera «il sordomuto come  interprete di movimenti e modello di espressione». La motilità delle mani non sfuggiva al genio di Leonardo, per cui «i sordomuti sono maestri dei movimenti e intendono da lontano di quel che uno parla, quando esso accomoda i modi delle mani come la parola» (cfr la  sua biografia).

Oggi abbiamo necessità, più di ieri, dell’educazione visiva. Perché  la gente è esposta, in modo forsennato, a “sentire” le parole e non a penarle anche visivamente. Le parole hanno perduto il valore precipuo, si sono staccate dal silenzio, il movimento dell’articolazione genera la favella, il «comunicare» acustico-verbale, vale a dire il confrontare dei propri ‘movimenti’ con quelli dell’interlocutore. Oggi non si è più in grado di parlare riconoscendo e utilizzando cognitivamente i lessemi; si grida, ci si azzuffa verbalmente o con una dappocaggine mimica, sino alle minacce quando ci si accorge che la nostra incompetenza e  ignoranza ci faranno soccombere. L’Italia ha numerose Facoltà di Scienze della comunicazione; il motivo che le hanno indotte a crearle è che i giovani - frequentando le diverse discipline insegnate nelle stesse - prenderanno coscienza del valore profondo di quel che si dice e/o come lo si dice. Con l’avvento dei politici “proprietari dei media” la parola, che un tempo veniva considerata di inestimabile valore, il logos per antonomasia, è stata trasformata in un processo mercemonico, col supporto di strumentazioni mediali e la complicità di giornalisti disonesti o senza scrupoli deontologici. Ecco che è utile riprendere confidenza col silenzio, il quale è la base dell’osservazione, nell’intuizione delle simmestrie, della capacità di labioleggere, del significato nascosto dell’espressività e  delle posture (…)

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