La labiolettura è anche un’arte, ma…

Le mie labbra sono strutturate nella norma, possono essere lette senza stress dal sordo che ha un minimo addestramento. Quando mi faccio crescere i baffi, purtroppo accade di frequente, devo fare attenzione che i peli non invadano il labbro superiore. Osservandomi allo specchio ho notato che talvolta i baffi (lo sapevate?) creano un gioco di ombre che  obbliga il labiolettore ad uno sforzo maggiore.

Che cos’è la labiolettura? Potrei farvi una lezione sull’argomento con tanto di pedagogisti  che l’hanno sostenuta al posto del «linguaggio gestuale». Mentre scrivo queste considerazioni mi vengono in mente che parecchi docenti di sostegno non sono all’altezza di proporre all’alunno una corretta labiolettura. Forse sostengono che il compito spetti alla logopedista. Però è necessario che l’alunno «prenda le misure» dei movimenti labiali perché, senza dubbio, il rendimento scolastico dipenderà dell’attitudine di labioleggere. C’è qualche studente che critica i propri professori come colui che, di recente, mi ha dichiarato “Vogliono che io legga le loro labbra, ma essi non sono capaci di leggere le mie!”. Peccato che, questo esercizio, vada tutto a loro danno. Se imparassero la labiolettura si avvanteggerebbero sia nell’articolazione per una  buona dizione dei fonemi sia nell’intuizione di identificare le parole mancanti o/e utilizzate a sproposito. La labiolettura per gli udenti dovrebbe essere una ginnastica mentale. Mi capita spesso nelle mie lezioni universitarie di fermarmi d’improvviso, e poi riprendere a strutturare la frase afono, vado avanti per qualche minuto, infine chiedo - alle sbalordite studentesse - che cosa ho detto o se hanno intelligibile qualche parola. Ne sortiscono aspetti interessanti, spesso su valutazioni psicoanalitiche.

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