Comunità sorda e…

In tanti anni di convivenza con le persone con gravi problemi d’udito, ho notato che la loro (nostra) tragedia non è la disabilità dell’ascolto, ma la continua pressione della società di maggioranza di «farci udenti». Il fatto che scriva società di maggioranza significa che riconosco nei sordi una società di minoranza (B. Mottez, 1983) e, come tutte le piccole comunità, costretta a subire quella. Qui in Italia siamo stati tenuti negli istituti ufficialmente sino al 1977 del secolo scorso. Poi liberati, ma verso dove? Ovviamente verso la società di maggioranza: e tanti di noi, nella stessa, hanno sofferto ancor di più la solitudine affettiva sperimentata nei collegi. La nostra diversità si è manifestata psicologicamente forte proprio là dove dovevamo integrarci, diventare simili agli altri. Perché l’integrazione è stata sempre proposta in modo unilaterale, non considerando la nostra personalità, il nostro essere e divenire psicologico. Sino ai primi anni del terzo millennio non si è pensata una «società per tutti», ma solo ad una «società dei normali». Sospettiamo che il sordo, nel corsi dei secoli, sia stato incompreso per il fatto che, intelligente, si è rifiutato di sottostare alla demagogia dell’udente che voleva convertirlo, modellargli il cervello a sua immagine (…). Io amo me stesso per il semplice motivo che sono io, nella mia originalità di pensiero e risposte. Sì, perché esiste una lingua culturale che supera l’ovvietà. L’originalità di linguaggio del sordo disturba l’udente, ne rende incomprensibile ii pensiero strutturato sulla lingua dei segni. Ebbene la gente comune lo commisera, lo svaluta nella disabilità ideativa. Il personale medico e paramedico insiste di risanare l’udito. Oggi, per l’impianto cocleare, il ministero della sanità spende attorno i 30.000 euro per soggetto impiantato. Il bambino sordo… allora non è più sordo con l’impianto cocleare; che metodologia adottiamo per istruirlo? L’esperto s’alza dalla cattedra affermando «Ovvio quello degli udenti, dei normali». Ma il piccolo non ode bene come l’udente, se così fosse il ministero del welfare gli sospenderebbe l’indennità di comunicazione e le altre provvidenze, che continua a percepire anche dopo l’impiano cocleare. Non ho mai visto, davanti alla visita della commissione medico-legale, dei genitori con reddito medio-basso dire «Dopo l’intervento per l’impianto cocleare è diventato udente».

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